La morte di Gesù, secondo Marco (15, 24. 36-37): “Alle tre, Gesù gridò a gran voce: «Eloì, Eloì, lemà sabactàni?», che significa: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?». Uno corse a inzuppare di aceto una spugna, la fissò su una canna e gli dava da bere, dicendo: «Aspettate, vediamo se viene Elia a farlo scendere». Ma Gesù, dando un forte grido, spirò.”

È forse l’immagine simbolo del Venerdì Santo. La sposa (Chiesa) viene meno dello sposo, che è il Cristo, l’unto di Dio. La congrega dedicata al Santo Patrono Nicola Pellegrino, si inserisce nella processione con approvazione datata 6 ottobre 1766. Vi introduce l’effige del Gesù morto. Della vecchia ed originaria immagine non si hanno notizie. Presumibilmente realizzata dal maestro Eugenio Maccagnani, l’attuale raffigura Cristo in stato supino. Egli poggia la sua mano sinistra sul suo corpo. Quasi vorrebbe indicare la sua umanità, ormai dipartita, tornata al Padre.
Nel volume “Storia dell’ostia miracolosa di Trani” (1989, proff. Spaccucci e Curci) gli autori trascrivono che l’Arciconfraternita dei Bianchi, proprietaria della processione, consegna al sodalizio intervenuto numero 24 ceri. Tanti sono stati gli anni che hanno visto il simulacro di Cristo sito nella spoglia del sodalizio di San Nicola. Quattro iscritti a questa aggregazione, scalzati, portano a spalla la pregiata opera d’arte. Attualmente l’effige è conservata nella chiesa superiore della Cattedrale. Da qualche giorno, come a voler ricordare la “deposizione”, il Signore morto è stato affiancato all’immagine di Maria Desolata (Cripta S. Maria della Scala).